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Sono più di vent’anni che lei si dedica alla comunicazione per aziende vinicole trasmettendone storia e valori. Come si è avvicinata a questo mondo?

Per caso, come spesso accade ma anche grazie alla mia propensione ad accettare le sfide che sono quasi sempre costruttive per una crescita personale e professionale.

Appena laureata in architettura un amico produttore mi chiese se potevo creare un’etichetta per un Chianti. La prima etichetta è stato un semplice esercizio di composizione: stemma storico della famiglia e titolo evocativo di un podere della tenuta vinicola.

La seconda etichetta invece è stata un elogio al minimalismo, un viaggio in Friuli con “Focus” dell’azienda Volpe Pasini. Un bersaglio fatto di tre cerchi circocentrici, primordiali rappresentati con rilievo plastico, ma morbidi come la rotondità che è la peculiarità del Merlot e naturalmente rotondi come la caratteristica rinomata di questo vitigno. Un bersaglio che non poteva avere altro che il colore rosso rubino impenetrabile …

Il libro era ormai avviato e seguirono così, tante altre pagine, tanti racconti grafici.

 

L’essere nata in Toscana in una terra di grande bellezza e di vini importanti quanto ha influenzato il suo lavoro?

Amo la Toscana con le sue splendide forme che la natura ha assunto di comune accordo con l’uomo: quando c’è equilibrio c’è bellezza.

L’equilibrio tra gli elementi di un’etichetta è come il paesaggio perfetto toscano, tra colline, viti e olivi con una palette colori intramontabile.

 

Esprimere l’identità di un vino attraverso una sola immagine è un processo complesso. Quali sono gli elementi che la ispirano durante la fase creativa?

Trovo ispirazione nella ricerca storica ed iconografica che mi guida ad individuare elementi validi che le etichette andranno a raccontare e rappresentare. L’etichetta così può diventare il perfetto strumento per divulgare l’essenza e la storia del vino e del brand.

Se l’etichetta riesce a raccontare coerentemente questi elementi, allora sarà l’espressione di un linguaggio autentico, con radici fortemente legate alla tradizione ed al territorio.

 

Un recente studio ha sottolineato la forte presenza delle donne nei settori del marketing e della comunicazione collegati al vino. Pensa che le donne abbiano maggiore capacità nell’approcciare il consumatore?

I numeri parlano chiaro: le donne rappresentano la maggioranza degli addetti e dei manager nell’ambito marketing e comunicazione (80%), commerciale (51%) e turismo (76%).

Le donne sono caratterizzate da una maggiore empatia, hanno una spiccata capacità di comprendere le emozioni e il punto di vista di un’altra persona ed utilizzare questa comprensione per guidare l’azione futura.  L’empatia associa elementi cognitivi e affettivi ed è costituita da tre componenti: la capacità di decodificare gli stati emotivi degli altri, la capacità di assumere il ruolo e la prospettiva dell’altro e la capacità di rispondere affettivamente alle emozioni provate dagli altri. 

 

E sono più attente all’immagine?

Una donna sa come valorizzare il suo aspetto e il vino deve fare lo stesso, indossare il suo abito sartoriale migliore per essere maggiormente valorizzato. A volte l’etichetta, se ben progettata, può elevare la percezione del vino e renderlo ancora più attraente tra i molti altri nella passerella di un’enoteca.

Coloro che si affidano solo alla denominazione sono pochi ed “educati”, educazione con l’accezione di sviluppo di facoltà e attitudini dei sensi, avere un’educazione “vinicola”.

Ma poi c’è tutto il resto del pubblico che guarda il vino con sguardo superficiale e vuole essere attratto, calamitato da un’immagine persuasiva e originale. Molti di loro, compreranno il vino per l’etichetta.

Negli ultimi anni il modo di concepire l’etichetta è cambiato?

Sicuramente sì, ma dipende anche dall’area geografica. In Italia molte aziende vinicole tradizionali pur tenendo molto al loro retaggio storico si affidano ad un design moderno che si è evoluto con l’andamento delle nuove mode e tendenze. Tuttavia, in Francia, per esempio, il design delle etichette è ancora molto legato alla tradizione, le etichette raccontano il vigneto o la cantina su sfondo neutro e caratteri classici, graziati e calligrafici.

Nel futuro quale sarà la tendenza nell’evoluzione dell’etichetta?

Seguirà fluidamente l’andamento delle tendenze e delle mode pur rimanendo ancorata alla tradizione e storia del luogo di appartenenza.

 

Qual è il suo rapporto con la sostenibilità?

Molto forte e a 360 gradi sia come wine-designer che come architetto.

Nei miei progetti, scelgo sempre bottiglie leggere. L’uso del vetro leggero è fondamentale per la sostenibilità del comparto enologico e contribuisce alla riduzione del consumo di ossido di carbonio per il trasporto e di meno materie prime per la produzione.

La bottiglia pesante mostra il vino in una luce migliore e più esclusiva, aumentando il suo valore percepito? Ormai non è più così.

Oggi è la bottiglia leggera e sostenibile che aumenta il valore percepito non solo del vino, ma anche del Brand, perché trasmette al consumatore una scelta etica del produttore in direzione del rispetto dell’ambiente, più che dell’immagine fine a se stessa.

Con l’Associazione delle Donne del Vino abbiamo trattato l’argomento del vetro leggero in più occasioni, allo scopo di educare a sfatare i falsi miti.

Come architetto, pratico l’architettura sostenibile con URBAN-GAP un laboratorio di architettura e design sostenibili che ha come obiettivo la sperimentazione di nuovi habitat urbani.

Progetto architetture sostenibili, che prevedono un impatto ambientale minimo adagiandosi sul territorio in modo rispettoso e armonioso.

 

Esiste il concetto di etichetta maschile, femminile o unisex?

Nell’immaginario collettivo si attribuiscono in modo un po’ superficiale al “design femminile”  caratteri come il calore, la morbidezza, la sinuosità delle linee curve, la giocosità, la ridondanza della decorazione e i colori pastello. In contrapposizione si pensa al “design maschile” come a quello che propone oggetti spigolosi e freddi, dall’aspetto minimal, dalle superfici piatte e dai colori uniformi in cui la decorazione è bandita.

Secondo me maschile e femminile convivono così tanto in ciascuno di noi che penso sia difficile distinguere il genere della creatività di un’etichetta.

 

Liz Thach professore in management del vino presso la Sonoma State University’s School of Business and Economics in California, spiega che secondo un loro studio. Gli uomini collezionano il vino, le donne lo condividono, gli uomini usano il vino per impressionare gli altri, mentre le donne lo usano per creare ricordi “. Cosa ne pensa?

Bellissima teoria.

Mentre gli uomini sono più influenzati da giudizi autorevoli e dal prestigio di marchi, le donne sono più preoccupate dell’esperienza sociale di bere vino e avere la gioia di condividerlo, anziché collezionarlo e dalle storie che si celano “dietro” le bottiglie. Qui entra in gioco l’etichetta: le persone hanno voglia di sentire storie nuove, storie autentiche e la chiave di volta è l’empatia: l’etichetta deve mirare ad essere un racconto di una lunga storia di passioni, parlare del territorio e dei personaggi che hanno creato quelle magiche alchimie rosso rubino e giallo oro.

 

Cosa significa essere donna e lavorare nel mondo del vino?

Il mondo del vino per tradizione riflette uno scenario al maschile, ma sempre più l’universo femminile sta assumendo un ruolo centrale nell’ambiente enologico conferendo un valore aggiunto.

Come architetto sono invece costretta sempre ad affrontare la diffidenza maschile, soprattutto nei cantieri, dove noi donne siamo viste ancora come delle aliene che dovrebbero scegliere i tessuti dei divani piuttosto che la sezione di una trave portante.

 

Quale è stata la soddisfazione più grande della sua vita e perché?

A parte i miei figli, in generale, essermi rialzata.

 

Il suo vino del cuore

Il Prosecco Cartizze Bisol. Il mio babbo, era solito brindare con la buona e la cattiva sorte. Brindare per un successo era scontato, ma se le cose non andavano bene, con un calice Bisol, si brindava alla rinascita per guardare alla vita con ottimismo e pensare che c’è sempre un’alternativa.

 

Qualche consiglio alle giovani donne che stanno studiando per diventare wine designer.

Raccontare il vino e i suoi protagonisti è una bellissima responsabilità.

Vi svelo il mio segreto, per un’etichetta perfetta, ogni mio progetto è strutturato su tre solidi pilastri:

Identità: l’etichetta è necessaria per rappresentare l’essenza del vino e comunicare la percezione dello stesso. Deve avere una sua identità e personalità costruita sugli elementi cardine: territorio, storia e persone.

Singolarità: ogni etichetta deve essere unica nel suo genere per distinguersi tra le tante e catturare l’attenzione del consumatore, l’ascoltatore in cerca di emozioni, che fra tante colleghe sullo scaffale sceglierà proprio lei, la più singolare.

Eleganza: un dato che non ha tempo e non svanisce mai. Cerco sempre l’eleganza nello stile e nei contenuti. La mia città natia mi ha insegnato ad amare l’arte e l’eleganza, ma soprattutto a capire il senso delle proporzioni e degli equilibri.

Vado alla ricerca costante della ‘perfettezza’ come connubio di bellezza e perfezione.